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Il Trust quale mezzo di risoluzione della crisi di impresa


Una fattispecie di interesse – già da anni conosciuta ed utilizzata dai tribunali nell’ambito della crisi di impresa – è il c.d. trust “liquidatorio”. Attraverso tale negozio un soggetto (sia esso persona fisica o giuridica) vincola in trust tutto il (o parte del) proprio patrimonio con lo scopo di soddisfare i suoi creditori mediante il ricavato della liquidazione, prevedendo che l’eventuale “avanzo di liquidazione” rimanga a suo beneficio.

 

I vantaggi procedurali

In questo contesto, il trust può quindi rappresentare un valido strumento in ausilio all’imprenditore – che decide di tentare un risanamento “stragiudiziale” della propria esposizione debitoria ovvero di accedere ad una delle procedure di composizione “tipiche” della crisi di impresa – nonché ai curatori ed ai giudici delegati per la gestione della procedura fallimentare.

 

Il trust liquidatorio è divenuto di recente uno strumento utilizzato dai tribunali anche per facilitare complesse vicende di debitori coinvolti in procedure esecutive finalizzate alla vendita coattiva di beni di ingente valore, al fine di ricavare il denaro necessario a ripagare i debiti contratti.

Attraverso l’utilizzo del trust, la procedura di vendita dei beni viene eseguita con modalità “privatistiche”, evitando i tempi, le formalità e i costi della procedura giudiziaria: il trustee li vende, così come si vende sul mercato qualsiasi altro bene, cercando di realizzarne il miglior prezzo. Infine, il debitore ottiene il risultato di non subire la “svendita” che spesso si verifica nelle procedure esecutive giudiziarie.

 

I vantaggi fiscali

La circolare dell’AE n. 34/E/2022 ha poi riconosciuto al trust liquidatorio un trattamento fiscale di favore rispetto al passato.  In precedenza, l’utilizzo dei trust liquidatori era nella prassi osteggiato dai dubbi che gravavano in merito alla tassazione da applicare all’apporto dei beni, nonché sul trattamento fiscale delle vendite dei suddetti beni che il trustee avrebbe effettuato. La circolare ha chiarito il trattamento fiscale relativamente ai vari passaggi: “non potendo assurgere ad espressione di ricchezza imponibile, né l’assegnazione-dotazione di taluni beni alla liquidazione del trustee in funzione solutoria e nemmeno, in tal caso, la ripartizione del ricavato ai beneficiari a dovuta soddisfazione dei loro crediti.

Pertanto, si ritiene che anche nel caso del trust di scopo di tipo “liquidatorio”, l’atto istitutivo e l’atto di dotazione saranno soggetti all’imposta di registro in misura fissa, nonché alle imposte ipotecaria e catastale sempre in misura fissa, nel caso sussistano i relativi presupposti, analogamente a quanto già in precedenza chiarito. Nel caso, di trust “liquidatorio” in cui disponente e beneficiario coincidano e il ricavato (o il residuo) della vendita dei beni venga attribuito al disponente medesimo, l’imposta di donazione non trova applicazione per carenza del presupposto oggettivo di cui all’articolo 1 del d.lgs. n. 346 del 1990 mancando un trasferimento intersoggettivo di ricchezza”.

DATA DI PUBBLICAZIONE

06.06.2024